giovedì 25 giugno 2009

Fantastico!

Recensione positiva

RECENSIONE POSITIVA SUL BLOG “komunicareeco”

A mio avviso un blog fatto molto bene è quello di Enrica Marelli
http://komunicareeco.blogspot.com/.
Molto spesso, nei limiti delle mie possibilità, ho fatto riferimento a questo blog nel creare il mio, in quanto,oltre ad essere originale è ricco di ogni cosa.
Enrica utilizza il suo piccolo spazio web in modo davvero brillante e lo trasforma continuamente arricchendolo di ogni tipo di gadget possibile, personalizzandolo con colori vivaci ke catturano l’attenzione del visitatore e lo stimolano la sua curiosità.
Il suo è proprio ciò che dovrebbe essere un blog: non un copia e incolla dalle varie enciclopedie, dai siti siti online e dai diversi blog in circolazione, ma qualcosa di molto personalizzato, che ha un obiettivo ben chiaro, quello di FARE COMUNICAZIONE. Veramente tanti sono gli spunti ke i diversi post offrono. Tanti sono i suggerimenti ke è possibile trovare: sulle diverse lezioni tenute e arricchite da video e spiegazioni dettagliate su tutto ciò ke bisogna fare per diventare un bravo blogger, link di ogni genere creati a misura del visitatore. La pubblicità è inoltre l’anima del blog, ce ne sono di tutti i tipi e tutte sono disposte in maniera accurata. NULLA è LASCIATO AL CASO, ma tutto è studiato nei dettagli! Inoltre il blog è stato incrementato ogni giorno e le novità apportate sono sempre migliori delle precedenti, come ad esempio le dirette, le quali mi sembra d’aver trovato solo nel suo blog.
Stravagante la mail disposta in apertura e le etichette mobili sono un tocco di classe suprema!
RECENSIONE NEGATIVA SUL BLOG
http://perilinfa.blogspot.com/

Blog veramente povero di contenuti quello dal titolo
"ANDATE AVANTI VOI CHE A ME VIEN DA RIDERE".
Già la presentazione è tutto un programma:si vuole schernire il lavoro altrui?!?qual è il reale intento di questo blog?!?bhè non è molto chiaro,sembra giusto un tentativo disperato di inizare(ma senza portare poi a termine!)un progetto in vista di un esame.Varie sono le promesse di aggiornare il blog ma passano diversi giorni senza ke nulla venga aggiunto(l'ultimo post è infatti datato 10 giugno!). I sostenitori sono pochi, come biasimarli d'altronde?!? Manca la pubblicità, anima dei siti internet e del commercio in generale;i colori utilizzati sono scuri e poco piacevoli. Il tutto è solo abbozzato, ci sono un mucchio di immagin copiate dai vari siti,tanta roba presa qui e lì per criticare personaggi pubblici non troppo amati. Divesa carne messa sul fuoco ma veramente tutto di poca qualità. I gadget si lasciano desiderare, sono pochi,anzi pochissimi e sistemati non in maniera ottimale. Non c'è l'orologio, nè il calendario ma solo il gioco "dell'impiccato", forse metafora dello stato d'animo del creatore vistosi "costretto" a lavorare per una prova desame?!?i giochi erano tanti, si poteva scegliere qualcosadi più allegro no?!? Anche il profilo utente è povero, la foto del gattino steso al sole stremato dalla fatica la dice lunga sul creatore..
"Andiamo avanti noi ke a lui vien da ridere.."

mercoledì 24 giugno 2009

femminismo

Donne contro i padri:Il '68 Culla del femminismo....!!!!!


E' in famiglia che le donne consumano il loro '68. E' fra lemura domestiche, in contrasto con l'autoritarismo paterno e inrottura con i ruoli tradizionali di madri e nonne, con orari eduscite senza controllo, lasciando negli armadi i vestiti piu'vezzosi ed indossando solo jeans ed eskimo, che le ragazze dellacontestazione studentesca sperimentano la loro rivoluzione. Nonche non fossero presenti nelle universita' o nelle piazze, nonche non vivessero e sentissero pienamente quel clima di liberta'in cui la politica cercava nuovi sbocchi. Ma erano a fiancodegli uomini, non erano le protagoniste. Per le donne, pero', il '68 fu una tappa strategica: oltre adinstaurare nuovi rapporti in famiglia fu l'inizio di un percorsoche sfocera' qualche anno dopo nel femminismo. E' il fermento diquella protesta contro le regole sociali, la culla delfemminismo nostrano. E' cosi' che tre giornaliste e femministe(due delle quali hanno vissuto direttamente quegli anni)spiegano il '68 dal punto di vista delle donne. ''Nel '68, c'era una scarsa consapevolezza dell'identita'femminile - dice Franca Fossati, che allora frequentaval'Universita' statale di Milano, poi direttrice per dieci annidella storica rivista 'Noi donne', oggi caporedattore di La7 -erano donne molto mimetiche dei maschi. Avevano rotto con lafamiglia, con tabu' sessuali e molti stereotipi ma erano donnesubalterne agli uomini, sia in politica, sia nelle assemblee,come anche nel sesso. Erano si' tante quelle che partecipavanoma con scarsa consapevolezza. Anzi, a volte l'essere donna eravissuto come un disvalore. Non avevamo alcuna autonomia dipensiero, ne' hanno espresso punti di vista originali ma hannocreato il terreno fertile per il femminismo. L'elaborazione e'partita da li'. Solo dopo, a meta' degli anni '70, con ilneofemminismo l'essere donna acquista un valore e si mette indiscussione il rapporto con l'uomo. E' solo allora che si portail corpo delle donne in piazza e gli slogan come il simbolico'Io sono mia''. Eppure, a partire dal '68, le donne - era laprima generazione secolarizzata - cominciano ''a progettare unavita che non fosse solo la maternita', incrinano ilpatriarcato''. Nonostante cio', senza questa tappa, ilfemminismo non ci sarebbe stato, e con esso le tante battagliedei diritti sociali delle donne. ''C'era il mito del leader, ilmito maschile'' osserva ancora Fossati che smentisce alcuneleggende metropolitane, come il sesso trasgressivo: ''Di orgeall'universita' non ne ho mai viste. Come anche i reggisenibruciati in piazza, di cui tanto si favoleggia''. Marina Pivetta, giornalista Rai in pensione ed attualedirettrice del giornale femminista online 'Paese delle donne',nel '68 era a Trento, alla facolta' di Sociologia. ''Per mequegli anni - racconta - sono stati una grande scoperta, misentivo di partecipare alla politica in prima persona, di farequalcosa per me''. Per le donne e' stata ''la prima grandepresenza di massa in un movimento politico, anche se poi nonerano presenti nelle leadership. Ma si rimboccavano le maniche,stampavano volantini, attaccavano manifesti, facevanovolantinaggio. Venivano chiamate 'gli angeli del ciclostile'''.Il '68, soprattutto, ''e' stato importante per noi perche' e'caduto l'autoritarismo, vivevamo con un gran senso di liberta'.E questo non e' passato solo nelle piazze o nelle universita' manelle famiglie. In casa, c'era la ribellione. Di fronte aidivieti paterni, molte sono andate via. Era possibile trovare unlavoretto, era piu' facile di adesso mantenersi, vivere insieme.Il fenomeno delle comuni era significativo. Tutto questo e'durato un anno, un anno e mezzo''. Per le donne, ''non e' statofacile buttare all'aria i ruoli, per molte e' stato difficileripensarsi, il dolore e' stato vissuto in privato, molte sonoandate in analisi''. E' servita anche l'autocoscienza che e'arrivata dopo: ''non volevamo essere ne' mogli ne' figli,dovevamo capire cosa eravamo, cosa volevamo essere''. Col '68 edopo il femminismo ''e' cambiata la vita della donna. Orariescono a gestirsi una vita autonoma, magari faticosissima fralavoro, figli, marito, ma senza ruoli definiti''. In definitiva,il '68 e il movimento delle donne sono ''l'unica rivoluzione noncruenta e continua a lavorare, nella cultura, in modosotterraneo ancora oggi. Tanto per fare un esempio, lamanifestazione del 24 novembre scorso contro la violenza sulledonne; alle assemblee vedo tante ragazze, tanta partecipazione.Il movimento delle donne sta riemergendo''. Paola Tavella, femminista, giornalista e scrittrice, era unabambina nel '68 e viveva a Genova. Di quel periodo ha letto estudiato. ''Ho sempre pensato che le donne di quell'epoca hannorotto un ordine sociale che imponeva loro uno stile. Neicomportamenti come nel vestire: magari andavano a scuola congonnellina e camicetta, con i capelli cotonati, e poi, in unlampo, per andare a contestare, si infilavano jeans emaglietta''. Per la prima volta maschi e femmine non eranodivisi, hanno fatto politica insieme. ''Le donne pero' non sisono trovate a loro agio e hanno cominciato a fareautocoscienza, cercavano qualcosa che avesse un senso nella lorovita''. Ed oggi? ''Le donne vivono infinitamente meglio. Da li'dal 68, e' cominciato tutto''. (Notizie da Ansa)

Ricordi del movimento

Curiosando su you tube ho trovato questo video.. Credo possa essere interessante per capire più o meno un moviemnto molto vasto come lo è stato quello del '68.

Grandi uomini...del'68

..."Gli uomini passano ma gli ideali restano
e continueranno a camminare sulle teste di altri uomini"...
.............Giovanni Falcone...........


...La mafia non è affatto invincibile; è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto, bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave; e che si può vincere non pretendendo l'eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni. ( Giovanni Falcone)

Presentazione

La mia carta d'identità digitale


Carta d’identità digitale
di Elisa Caputo

1985: il 13 settembre, nasce in uno dei borghi più belli d’Italia una piccola peste che sconvolgerà la vita di tutta la sua famiglia.
1988:nasce la mia sorellina ma la mia gelosia nei suoi confronti svanisce presto in quanto continuo a mantenere il monopolio della situazione!
1993:mia sorella ha ormai 5 anni,è arrivata l’ora di esplorare il mondo esterno insieme a lei..la nostra tappa preferita è la sala giochi dei nostri nonni. Scopriamo insieme i video games e in particolare litighiamo per chi deve prendere il posto per giocare a BUBBLE BUBBLE (chi non ci hai mai giocato?!?) ma anche PAC MAN era tra i nostri preferiti!
1995:
i miei genitori ci regalano il Tamagochi ma il povero gattino virtuale non ha con noi vita lunga,infatti muore presto!
1999:a luglio,dopo l’esame di terza media ho il mio primo cellulare,un mitico nokia 3310 blu,adoravo quel telefono,soprattutto per la sua funzionalità. gioco atetris in ogni momento utile e finalmente potevo inviare sms a volontà,soprattutto sfruttando le varie promozioni del mio operatore preferito!Durante le vacanze di Natale e in estate avevo 100 messaggi al giorno da inviare a mio piacimento!!!
1999-2004:frequento il liceo classico ma non ho molte occasioni per sfruttare il laboratorio d’informatica. Ricordo che per noi l’ora prevista ogni mese per entrare in quella stanza piena di computer era come una sorta di premio,dovevamo meritarla con fatica! È proprio tra quelle mura che ho modo di conoscere il fantastico mondo di internet,perché nel mio paese la connessione è impossibile fino al 2001,e ho modo di creare un account di posta elettronica e di scoprire come funziona una chat!
2002:nei pomeriggi più tranquilli io e la mia amica passiamo ore a chattare,era un vero spasso,soprattutto x le cavolate che inventavamo!!! L’entusiasmo per la chat però non dura molto.
2003:al mio compleanno ricevo una splendida fotocamera,l'unico handicap è il fatto ke on è ricaricabile e le pile si scaricano sul più bello!!!
2005: agosto il mondo del web mi è servito per iscrivermi all’uni.in seguito grazie a mondoailati posso essere aggiornata sui pagamenti delle tasse, avere notizie per i corsi, gli orari,i test. Finalmente ad ottobre ho il mio primo vero portatile con una connessione ad internet tutta per me!!!il modem è esterno e non è velocissimo ma lo intaso subito di canzoni e di video scaricati da emule e da youtube!conosco msn e inizio a chattare con i miei amici lontani..Nello stesso anno seguo i corsi di esercitazioni di informatica1, utilizzo il pacchetto Office e sostengo l’esame che stranamente supero al primo colpo!!! Non sono tuttora molto ferrata nell’utilizzo del pc infatti!
2006:esercitazioni di informatica 2,per l'esame creo un piccolo sito con il linguaggio html..
2008:mi iscrivo per la prima volta nella mia vita ad un social network potentissimo e molto diffuso,
Facebook, che mi dà la possibilità di rimettermi in contatto con amici e compagni di scuola che non sentivo da parecchio tempo! Si sono susseguiti nel corso degli anni vari telefoni ma nessuno veramente funzionale come l'N70,il cellulare più bello e resistente che abbia mai ricevuto!con questo utilizzo la video e fotocamera e invio e ricevo mms.
2009:purtroppo gli esami stanno terminando ma sul mio libretto mi rendo conto che ne manca uno che mi sono portata dietro dal primo anno:SWE! Adesso non c’è più tempo,devo per forza impegnarmi! Durante quest’anno sono “COSTRETTA” a seguire il corso di ambienti digitali perché Swe è deceduto!seguo qualche lezione e mi rendo conto di essere rimasta proprio indietro per quanto riguarda l’evoluzione tecnologica! Ripristino il mio account gmail (creato in precedenza e poco sfruttato); all’inizio sono un po’ disorientata ma poi riesco a creare un blog con blogspot.com,(
http://elisacaputo.blogspot.com)frequento i blog dei miei colleghi,interagisco con loro e cerco di stare al passo!

domenica 21 giugno 2009

“Liberazione da che? Da mille cose ingiuste. Da uno studio inutile a capire la vita e utile solo a perpetuare una società che opprime. Dal comunismo che inebetisce chi può permetterselo, che riempie la pancia e il cervello e non fa pensare con la propria testa. Dalle istituzioni, presentate come neutre, ma in realtà tutt’une con il potere dominante. Dall’alienazione. Dall’uomo a una dimensione. Dalla disoccupazione. Dalla guerra contro il Vietnam e dalla cause oscene che l’hanno determinata. Dalla guerra come pericolo e minaccia permanenti.”

(Formidabili quegli anni, Capanna, 2008, p.65)
“Nei ragazzi e nelle ragazze, negli studenti, nei giovani operai messi in movimento da un insieme complesso di fattori, si potevano rintracciare non solo l’insoddisfazione per condizioni economiche svantaggiate, ma anche nuovi bisogni di libertà individuale e la crescente intolleranza per un mondo privo di sviluppo e di prospettive.”

(C. Levi, La Nuova resistenza, supplemento di “Rinascita”, N.7-8)
ciao a tutti!!!
non so voi ma io mi emoziono ancora oggi quando penso a ciò ke i ragazzi e le ragazze di quegli anni hanno "creato", alle idee per cui hanno coraggiosamente combattuto,agli ideali che hanno portato avanti con entusiasmo..Oggigiorno, a mio avviso,un movimento di quella portata è assolutamente impensabile..forse sono troppe le distrazioni ke nella nostra epoca hanno il sopravvento....
..forse manca la speranza di "cambiare il mondo" che ha caratterizzato quelle generazioni.
Io non credo ke i Sessantottini abbiano realizzato ogni aspettativa, non penso ke abbiano raggiunto ogni traguardo..ma almeno ci hanno provato,sono scesi in campo e hanno lottato con coraggio per cui, qualsiasi conquista,anche la più piccola, è stata assaporata con orgoglio!

venerdì 19 giugno 2009

La guerra di Piero



Fabrizio De Andrè - "La guerra di Piero"
La canzone pacifista per eccellenza. Chi non si è commosso alla “morte di maggio” non è degno di definirsi un sessantottino.
Nella strana discografia di Fabrizio De Andrè la canzone di Piero viene pubblicata nel 68. E' più vecchia, ma è certo l’inno italiano al pacifismo più bello e forte. E senza De Andrè, che 68 avremmo avuto?

Fabrizio De Andrè - Canzone del Maggio



Omaggio a Fabrizio e al Sessantotto... Il quadro che si vede all'inizio è di Munch, s'intitola "Il Giorno dopo". E' il quadro che ad Adriano Sofri fa venire in mente il momento post-sessantotto, un'atmosfera simile a quella della mattina dopo una sbornia, quando ci si sveglia con la testa pesante e un confuso desiderio di cambiamento, ma la voglia di rifare tutto daccapo...

Critica sociale e rivoluzione negli anni Sessanta

La strumentalizzazione del testo

Nella poesia è possibile rintracciare molta ironia e diversi livelli di lettura, ma in tanti non riescono, ancora oggi, a cogliere queste sfumature. Viene interpretata infatti come un’ invettiva, dal sapore passatista ed elitaria, con cui il poeta fa una precisa scelta di campo: schierarsi dalla parte dei poliziotti e contro gli studenti (“avete facce di figli di papà / vi odio come odio i vostri papà”). I ragazzi, che a migliaia, a Valle Giulia, si erano scontrati con la polizia che voleva impedire loro l’accesso alla Facoltà di Architettura occupata, non sono altro che “figli di papà”, soliti studenti ribelli provenienti dal ceto medio, nella linea del “sacro teppismo (di eletta tradizione risorgimentale)”.
Ma Pasolini non si schiera affatto dalla parte dei celerini. Proprio le strumentalizzazioni della poesia, letta superficialmente, sedimentate e poi alimentate da una certa stampa, non permettono ancora ai nostri giorni, di analizzare con la dovuta attenzione l'Apologia, il testo che Pasolini fa seguire agli appunti in versi: occorrerebbe leggerla integralmente e con attenzione per comprendere i reali intenti del poeta, altrimenti risultano evidenziati soltanto gli stereotipi "studenti: figli di papà" "poliziotti: figli del popolo", e su questi si innestano equivoci senza fine e si tentano ancora oggi strumentalizzazioni anche volgari.

PASOLINI E IL '68

Nel giugno del 1968, subito dopo gli scontri romani, Pasolini scrive una delle sue poesie più discusse, più famose, più ricordate (spesso strumentalmente), ma anche paradossalmente meno capite: Il PCI ai giovani. Il componimento, che fa parte della raccolta «Trasumanare e organizzar» (1971), riguarda le lotte studentesche e attira pesanti critiche soprattutto da parte dei partiti della Sinistra.

Questi i versi maggiormente incriminati:

... Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte
coi poliziotti,
io simpatizzavo coi poliziotti!
Perché i poliziotti sono figli di poveri.
Vengono da periferie, contadine o urbane che siano.
[...]
Hanno vent'anni, la vostra età, cari e care.
Siamo ovviamente d'accordo contro l'istituzione della polizia.
Ma prendetevela contro la Magistratura, e vedrete!
I ragazzi poliziotti
che voi per sacro teppismo (di eletta tradizione
risorgimentale)
di figli di papà, avete bastonato,
appartengono all'altra classe sociale.
A Valle Giulia, ieri, si è cosi avuto un frammento
di lotta di classe: e voi, amici (benché dalla parte
della ragione) eravate i ricchi,
mentre i poliziotti (che erano dalla parte
del torto) erano i poveri ...

VALLE GIULIA - 1 MARZO 1968 - ROMA

Considerazioni..

Considerato con distacco, il movimento studentesco nato nel '68 appare interpretabile come un fortissimo fenomeno di modernizzazione sociale, culturale e politica, all’insegna soprattutto di una dimensione anti-autoritaria.
Nel passaggio dalla società agricola alla società industriale di massa, il movimento infatti ha messo in discussione, quasi sempre a partire prima di tutto dal terreno universitario, una dopo l’altra le strutture e le istituzioni: dalla famiglia alla scuola, dalla fabbrica ai quartieri cittadini, dall’informazione alla repressione, dai rapporti sessuali a quelli generazionali, dalle carceri ai manicomi, dalle forme della politica fino anche alle forme della religione. Nell’arco di alcuni mesi, la dialettica innescata dal movimento studentesco tra libertà e potere si è riverberata dall’università a tutti gli ambiti sociali e istituzionali, anche in contesti socio-politici profondamente diversi (c’è stato infatti un Sessantotto anche nei Paesi a regime autoritario, sia di destra che di sinistra, sia in Europa che in altri Continenti).
Da questo punto di vista si potrebbe dire che tale movimento è stato il primo grande fenomeno di “globalizzazione” e di mondializzazione che si sia manifestato dopo la seconda guerra mondiale: un fenomeno culturale e politico – ma anche di costume e di stili di vita – verificatosi ben prima che prevalesse la globalizzazione di carattere economico-finanziario.

mercoledì 27 maggio 2009

Figli dei fiori

I «PARINIANI»


Il 5 marzo è la volta dei «pariniani», che danno vita alla cosiddetta «occupazione bianca»: chi vuole può seguire le lezioni, gli altri si ritrovano in aula magna (messa a disposizione dal preside Daniele Mattalia, che per questo e per essersi rifiutato di chiamare la polizia per far sgomberare la scuola sarà temporaneamente sollevato dal suo incarico), dove si svolgono le assemblee. Queste le richieste dei ragazzi: «Vorrebbero che l’orario dedicato allo svolgimento dei programmi ministeriali venisse ridotto; che allo studio individuale venisse sostituito un metodo di studio di gruppo, fondato prevalentemente sulla ricerca, oltre che sul criterio della libera adesione; che lo studio a casa venisse sostituito da "controcorsi" da tenersi nel pomeriggio e imperniati in prevalenza su temi di attualità sociologici; e che, infine, il voto trimestrale venisse sostituito con un giudizio complessivo, che tenesse conto dell’interesse dimostrato da ciascuno all’attività dei gruppi di ricerca», scrive il Corriere della Sera. Lo stesso giorno una ventina di ragazzi della Statale si uniscono a un gruppo di operai che picchetta fuori da una vetreria di Corsico. Anche il Carducci, il Manzoni e l’Einstein vengono occupati e la mattina del 7 marzo circa duecento studenti del Berchet organizzano un corteo che da via Commenda, sede del liceo, sfila per le vie del centro scandendo slogan del tipo «Scuola sì, governo no», facendo tappa alle sedi di alcuni licei per convicere i loro colleghi a unirsi alla protesta.

eskimo e sciarpe


Sono in molti a iscrivere in quella giornata concitata del 1967 l’inizio del '68, un movimento di protesta che parte dalle università, entra nelle scuole e approda in fabbrica, fino a contagiare l’intera società. I ragazzi appendono le giacche negli armadi per indossare eskimo color verde con tanto di lunghe sciarpe, sostituiscono la cravatta con fazzoletti rossi annodati al collo, quando non portano maglioni girocollo, mentre le ragazze rinunciano al trucco e preferiscono i jeans alle gonne, calzando stivali piuttosto che scarpe col tacco. Qualcuno tiene il «libretto rosso» di Mao infilato in tasca, i più si muniscono di borse a tracolla in pelle, che riempiono di giornali e libri di Sartre e Marcuse. Si parla della guerra in Vietnam e dei problemi della classe operaia, e si ascoltano i Beatles, Bob Dylan, Joan Baez e Phil Ochs. Nei dintorni della Statale campeggiano i primi graffiti, e a fine febbraio le facoltà di Lettere e Legge dell’università sono occupate. Gli studenti del liceo non vogliono essere da meno e sono i ragazzi del Berchet i primi (d'Italia) ad occupare la scuola il 26 gennaio 1968, per poi sgomberarla la sera:
«Alle 20.30, ritenendo esauriti i lavori dell’occupazione veniva sciolta l’assemblea e con ordine uscivamo (gli studenti,
ndr) dal Berchet ponendo termine all’occupazione», si leggerà sul giornale della scuola.

Le contestazioni e gli ideali dei sessantottini


È il 16 novembre 1967, quando, davanti alla Cattolica, si svolge un’assemblea studentesca in cui a tenere banco è Mario Capanna


Il pretesto è l’aumento delle tasse. Ma è solo un pretesto, perché dietro la prima occupazione dell’Università Cattolica di Milano c’è ben altro. C’è il desiderio di cambiare l’università italiana, che gli studenti considerano vecchia e autoritaria, così come la proposta di riforma dell’allora ministro della Pubblica Istruzione, Luigi Gui, che prevede l’introduzione di limiti di accesso e di tre diversi livelli di laurea, andando nella direzione opposta di ciò che chiedono i ragazzi, ovvero maggiore egualitarismo. È il 16 novembre 1967, quando, davanti all’ingresso della Cattolica, si svolge un’assemblea studentesca in cui a tenere banco è un giovane alto, magro e barbuto, che si chiama Mario Capanna, futuro leader del Movimento studentesco e parlamentare negli anni '80. Il verdetto è pressoché unanime: bisogna occupare la Cattolica. Detto fatto, anche se solo per poche ore, perché il rettore chiama la polizia, e in nottata gli agenti del commissario Luigi Calabresi provvedono ad allontanare gli occupanti dall’università. Gli studenti esprimono «il proprio sdegno, dolore e il turbamento della propria coscienza umana, civile e cristiana per il comportamento delle Autorità, in seguito allo stato di occupazione»; nel frattempo le agitazioni proseguono, a Milano e nel resto d’Italia.

lunedì 25 maggio 2009

Il mondo studentesco come classe sociale



A partire dalla metà degli anni Sessanta a venire alla ribalta è un mondo prettamente ed esclusivamente giovanile, quello studentesco. Mai prima di allora gli studenti erano riusciti a conquistarsi l’etichetta di soggetto, se non addirittura di classe sociale, ma soprattutto, mai si sarebbe immaginato che, nel giro di pochi anni, essi avrebbero avuto la capacità di reggere le sorti di alcuni Paesi. Il fenomeno della contestazione studentesca comincia a farsi sentire sin dall’inizio degli anni Sessanta: il sistema scolastico era forse uno dei più immobili e statici, legato ad un acuto bigottismo, un’ipocrisia, un perbenismo, una tradizione difficilissimi da intaccare. Nella scuola lavorava una categoria di insegnanti ancorata staticamente a vecchi metodi didattici, per nulla disposta e preparata ad accogliere alunni delle più svariate provenienze sociali e culturali, una categoria che aveva un’immagine di sé e del proprio ruolo spesso conservatrice e autoritaria; le scuole erano rette da presidi molto severi e poco disposti ad adattarsi a situazioni nuove e difficili.
Dietro il professore che esamina c’è sempre lo Stato, il criterio borghese che valuta l’attendibilità della forza lavoro in via di qualificazione a essere domani […] fungibile e contenibile entro i rapporti di produzione dati.
La scuola rappresentava quindi, almeno in parte, il mondo circostante: forte selezione ogni anno sin dalle elementari, grossa discriminazione di ceto e di origine, enorme distanza tra alunni e professori, impossibilità di comunicazione tra le due diverse generazioni e inadeguatezza dei programmi rispetto alle nuove esigenze lavorative. In particolar modo la scuola d’indirizzo professionale tendeva a riprodurre le divisioni lavoratore-padrone che vigevano in fabbrica, tendendo a rendere gli studenti semplici operai da inserire nel ciclo produttivo.
Il sistema d’istruzione italiano sembrava educare all’ubbidienza, ad accettare la propria condizione sociale, spesso a non pensare per proprio conto; insisteva su un sapere puramente nozionistico e formalistico, portando sempre più i giovani ad odiare la cultura e i professori, le aule tetre e i corridoi dall’aspetto vagamente militaresco.

sabato 23 maggio 2009

Studenti in prima linea


Per Potere studentesco noi intendiamo il diritto degli studenti di decidere […] in maniera determinante delle strutture dell’università, del suo funzionamento e delle sue finalità […]
(Documento sul potere studentesco approvato all’assemblea della Facoltà di magistero, in “Università: l’ipotesi rivoluzionaria” cit. pp.245-6)

La contestazione studentesca


Nel ‘68 ci si trova davantColore testoi ad un fenomeno planetario e globale, una specie di eruzione vulcanica che esplode da una miriade di camini in ogni angolo del pianeta, coinvolge tutti i settori della società e porta in superficie dall’anima profonda dell’umanità, un magma incandescente ricchissimo di elementi creativi, capace di produrre un balzo in avanti dell’evoluzione culturale della specie.


Durante quegli anni si mischiano due potenti fantasmi, o meglio fantasie ideologiche: l’ideale di una società senza repressione, a cominciare da quella sessuale, e la volontà di lottare per cambiare il mondo. Lo vede subito un osservatore come Pasolini:

“L’ideale della società libera e amichevole vinse fin dall’inizio contro quella della lotta, che sopravvisse solo presso le frange estreme della rivolta armata.”

Ricordare oggi il ‘68 vuol dire ritrovarsi di fronte alla duplicità della sua ispirazione: fine della repressione, e dunque di tutte le “discipline” rivoluzionarie e delle gerarchie che porta con sé; consapevole decisione per la lotta, che nelle attuali condizioni del mondo e dei rapporti di forza tra ordine costituito e bisogno di rinnovamento, richiede molta più fantasia che quella tradizionalmente orientata a imbracciare il fucile.


La rivoluzione è importante per il fatto stesso d’esserci stata. La sua esistenza rivela ai contemporanei e a tutte le generazioni che seguiranno, la possibilità da parte degli uomini di intervenire attivamente sulla storia e su un destino che apparivano sino ad allora “ineluttabili” e “naturali”.
I movimenti dei tardi anni Sessanta sono effettivamente uno straordinario veicolo di circolazione di idee, in quanto caratterizzati da un’eccezionale “fame” di interpretazioni e di punti di vista critici sulla realtà.

Se il movimento è, diversamente da tanti altri, anche un’esperienza ad alta densità culturale, questo non dipende solo dal fatto che è, almeno in partenza, un moto di studenti o di élite intellettuali. Il punto è piuttosto che gli obiettivi polemici sollevati sono molto diversi da quelli con i quali si erano misurati i movimenti sociali e politici del dopoguerra europeo.

venerdì 22 maggio 2009

IL CINEMA DEL '68

Quali film si vedevano nel 1968?
Facciamo una selezione arbitraria, che però dà il clima di quell’anno.

2001 ODISSEA NELLO SPAZIO
di Stanley Kubrick (Usa – GB)


Il capolavoro di Kubrick fu visto e commentato da tutti.
Chi lo capì?
Pochi, ma tutti restarono affascinati dall’astronave che ruotava sulle note di Strauss.




LA NOTTE DEI MORTI VIVENTI
di George A. Romero (Usa)


Nel 68 iniziarono ad aggirarsi tra di noi gli zombi,
a partire da questo capolavoro dell’horror.
Chi erano? I borghesi che volevano distruggere la creatività? O proprio i contestatori, feroci oppositori dell’ordine esistente?

La rivolta con la macchina da presa


Il vento della contestazione investì “naturalmente” il cinema, perché il Sessantotto ebbe per protagonista una giovane generazione che sentiva il cinema come proprio e comune linguaggio. In Italia, come tutto l’Occidente, esordirono nel corso degli anni Sessanta molti giovani registi (come Bernardo Bertolucci, Marco Bellocchio, Roberto Faenza), che avrebbero contrassegnato la cinematografia nei decenni successivi e che, all’epoca, con prove autoriali spesso audaci e non sempre riuscite, realizzarono pellicole che si allontanavano dalla tradizione e ispirate da una forte tensione ideologica. Era un’attività seguita da un pubblico attento e appassionato, perché i giovani che occupavano le università e scendevano in piazza per manifestare contro il potere e la scuola classista erano in genere anche avidi consumatori di cinema: una gioventù cinefila che trovava nel cinema non solamente un passatempo suggestivo, ma «un orizzonte culturale essenziale, rivendicabile come proprio», come ha scritto Peppino Ortoleva. Non pochi di essi erano cresciuti come “spettatori” in strutture culturali associative, cattoliche o laiche, legate al mezzo filmico; palestre di discussione e confronto (i cineforum) che producevano, traendola dal cinema, anche riflessione politica.Per molti giovani dunque il cinema era, nel Sessantotto, un medium su cui esercitare la critica, accedere a nuovi mondi, partecipare alla diffusione delle idee. Ed era un medium transnazionale, di richiamo ancor più universale rispetto a quello generazionale per eccellenza, la musica rock. I film viaggiarono nell’occidente anche più velocemente delle idee del Sessantotto. E non è paradossale affermare che contribuirono, a confermarle e a divulgarle, a creare miti e rafforzare stereotipi.

Fate l'amore non la guerra




Se si utilizza il cinema come specchio culturale che riflette le tendenze in atto in una società, un’indagine pur veloce conferma che i titoli usciti in Italia nel 1968, o immediatamente dopo, rendono bene il cambiamento in atto sia nella sfera individuale che nella percezione collettiva. Al di là dei generi narrativi e delle differenti sensibilità autoriali, spesso si riscontra un filo rosso trasversale, in cui traspare la sensazione di uno spirito del tempo in rapida modificazione. In questa direzione, il percorso utilizza un famoso slogan dell’epoca, quel “fate l’amore e non la guerra”, che da un lato pone l’accento sull’elemento contestatario, che nell’antimilitarismo trova uno dei bersagli più simbolici rispetto al fallimento di certi cardini morali conservatori, quali Patria, Famiglia e Dio. D’altro canto, l’invito a fare l’amore rende la voglia di utilizzare il corpo, la sessualità, ma anche la creatività e l’espressione di sé in senso lato, come strumenti per una nuova prospettiva culturale.
Questi elementi sono fondamentali, seppure intrecciati secondo logiche e percezioni molto eterogenee, nei quattro film guida del percorso. La sperimentazione linguistica e narrativa di
Ciao, America (Greetings, 1968) di Brian De Palma, le avventure fantastiche e l’esplosione di vitalità estetica del film sui Beatles di George Dunning Yellow Submarine (1968), i paradossi sociali che esplodono a catena nel surreale e rivoluzionario Hollywood Party (The Party, 1968) di Blake Edwards e le atmosfere torbide e malate, in bilico tra liberazione sessuale e l’elogio della follia presenti in Grazie zia (1968) di Salvatore Samperi, appaiono quattro esempi emblematici per rendere il clima di grande fervore e di originalità del periodo.

Incredibili Trasformazioni

Che cos’è stato il Sessantotto? Il trionfo dell’utopia, una straordinaria stagione di idealismo e protagonismo giovanile, l’ultima rivoluzione “ottocentesca”, il prologo, in Italia, degli anni di piombo?La risposta non può ovviamente essere una sola, come tanti sono i modi per tornare su un anno sicuramente cruciale nella storia recente.
Mi piacerebbe raccontare quella stagione, ricca di attese, tensioni, problemi, delusioni attraverso più mezzi di comunicazione: le canzoni e anche i film di allora proiettati nelle sale, mentre negli infuocati festival si discuteva dell’esistenza stessa della settima arte; i film di oggi, che a distanza di anni, tornano a far rivivere sullo schermo il clima di quella stagione.
Soprattutto il cinema infatti, “specchio” e anche “agente” del suo tempo, contribuisce a dare forma alla realtà, favorendo interpretazioni e modelli del mondo che rappresenta. Se queste considerazioni sono sempre valide, c’è più di un motivo per chiamarle in causa nella rivisitazione del sessantotto, a cominciare dalla centralità del cinema, molto più marcata di oggi, fra i consumi culturali del tempo.

Un anno formidabile


Il 68 è stato un anno in cui è successo di tutto.
Uno di quegli anni in cui la storia si diverte ad accelerare, a concentrare eventi che bastano per un decennio.
Poche considerazioni generali su quell’anno.
Il movimento degli studenti fu davvero eccezionale e “globale”.
Partì dal cuore dei paesi avanzati: gli Usa, e poi Germania, Italia, Francia, coinvolgendo università di periferia e capitali, studenti medi e giovani intellettuali.Si sviluppò, poi, in Spagna, nel cuore della dittatura fascista più importante e ancora dopo coinvolse i paesi socialisti, la Jugoslavia, la Polonia, la Cecoslovacchia. Finì per riguardare anche i paesi latino-americani, il Brasile, e poi il Messico, in coincidenza con le Olimpiadi. E non risparmiò il Giappone, la Corea.
Insieme con la contestazione giovanile troviamo l’esplodere della rivolta dei neri d’America, che incendiano le città, sconvolgono i ghetti.
E inizia, a un anno dalla sconfitta degli eserciti arabi, la rivolta palestinese, oramai sola contro il vittorioso Stato d’Israele. Continua poi, sempre più sanguinosa, la guerra del Vietnam.
Ci sono colpi di stato (in Brasile), stragi feroci (la guerra del Biafra), omicidi politici (Martin Luther King e Bob Kennedy), l’invasione della Cecoslovacchia da parte delle truppe del Patto di Varsavia, l'elezione di Nixon alla presidenza USA, dopo la rinuncia di quello in carica.
In Italia per fortuna c’è il movimento studentesco, che ci unisce al resto del mondo, perché la politica e la cultura italiana offrono un triste e provinciale spettacolo.
Manca però, nella descrizione degli eventi di quell’anno, pieni di sangue, scontri, guerre, attentati, l’essenza del periodo. Lo straordinario sentimento di fratellanza, di solidarietà, di amicizia, di speranza, di vitalità, che animò il movimento.
Ma né la storia, né la cronaca sanno descrivere questo.

Ragazzi..questo è l'argomento che ho scelto per il mio elaborato finale..sono dunque quasi arrivata al traguardo e mi piacerebbe condividere con voi i miei pensieri riguardo a quegli anni "FORMIDABILI"!