mercoledì 27 maggio 2009

Le contestazioni e gli ideali dei sessantottini


È il 16 novembre 1967, quando, davanti alla Cattolica, si svolge un’assemblea studentesca in cui a tenere banco è Mario Capanna


Il pretesto è l’aumento delle tasse. Ma è solo un pretesto, perché dietro la prima occupazione dell’Università Cattolica di Milano c’è ben altro. C’è il desiderio di cambiare l’università italiana, che gli studenti considerano vecchia e autoritaria, così come la proposta di riforma dell’allora ministro della Pubblica Istruzione, Luigi Gui, che prevede l’introduzione di limiti di accesso e di tre diversi livelli di laurea, andando nella direzione opposta di ciò che chiedono i ragazzi, ovvero maggiore egualitarismo. È il 16 novembre 1967, quando, davanti all’ingresso della Cattolica, si svolge un’assemblea studentesca in cui a tenere banco è un giovane alto, magro e barbuto, che si chiama Mario Capanna, futuro leader del Movimento studentesco e parlamentare negli anni '80. Il verdetto è pressoché unanime: bisogna occupare la Cattolica. Detto fatto, anche se solo per poche ore, perché il rettore chiama la polizia, e in nottata gli agenti del commissario Luigi Calabresi provvedono ad allontanare gli occupanti dall’università. Gli studenti esprimono «il proprio sdegno, dolore e il turbamento della propria coscienza umana, civile e cristiana per il comportamento delle Autorità, in seguito allo stato di occupazione»; nel frattempo le agitazioni proseguono, a Milano e nel resto d’Italia.

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